Sistemi digitali per semplificare, ma oggi è sempre così?
Siamo inondati da annunci enfatizzanti l’introduzione, nella vita di ciascun cittadino-contribuente, di sempre nuovi sistemi digitali, spesso talmente nuovi che vengono sostituiti prima ancora di entrare in funzione, volti a semplificare il sistema ed ottimizzare, in ambito fiscale, la giusta lotta all’evasione. Ma è così? Oggi i risultati non sono lusinghieri, salvo alcune eccezioni. Ciò è testimoniato dal fatto che la Pubblica Amministrazione, pur avendo a disposizione milioni di dati, per evitare truffe e condotte illecite che non riesce a controllare in ambito fiscale ed amministrativo, sottopone il cittadino a costose certificazioni e complessi adempimenti burocratici, che peraltro non sempre riescono ad evitare le frodi ma sicuramente penalizzano il contribuente corretto. È pertanto più che mai necessario il dialogo tra piattaforme digitali delle varie ‘anime’ della P.A., per riuscire finalmente ad applicare, ad esempio, il principio di “once only” ovvero non richiedere al cittadino documenti o dati già in possesso di uffici pubblici, in vero c’è una norma di legge che vieta richieste di questo tipo, ma evidentemente ciò non si realizza nella realtà, visto che l’attuale Esecutivo di Governo, ne ha ribadito il divieto nel decreto Concorrenza da poco emanato. Il progresso in ambito digitale è inarrestabile e deve essere governato con saggezza e non con approssimazione, poiché deve costituire un’opportunità di semplificazione e non di ulteriore appesantimento di un sistema burocraticamente sbilanciato a sfavore proprio della semplicità che invece dovrebbe apportare. Leonardo da Vinci diceva che “la semplicità è il più alto grado di sofisticazione” e nel Paese in cui qualità, bellezza e storia fanno parte del nostro DNA, come ricordato dal Presidente del Consiglio Prof. Draghi all’inaugurazione della prima ministeriale della Cultura del G20, costruire un futuro semplice è un dovere morale prima ancora che un valore pubblico. Il periodo straordinario che stiamo vivendo ha dato una spinta mai vista prima all’utilizzo della tecnologia per trasformare l’innovazione in progresso, ma soprattutto in quel futuro in cui le informazioni siano già pronte da condividere come soluzioni digitali analitiche per rispondere ad emergenze strutturali sanitarie, economiche o sociali, o più semplicemente per facilitare il lavoro degli intermediari fiscali, divisi tra devozione e passione per i propri clienti e necessità di trasformare la PA in Open PA attraverso la valorizzazione dei dati. Il tema dei dati viene raccontato quasi esclusivamente da un punto di vista economico, di sostenibilità, di cybersecurity, di sicurezza dei confini, ma viene molto meno affrontato per la sua semplificazione di utilizzo. L’interoperabilità dei dati tra PA, imprese e cittadini sta spesso sotto una lente di ingrandimento che focalizza solo la costante “crisi” di non riuscire a semplificarne i flussi, senza individuarla come opportunità per applicare tecnologia, velocità e potenza di calcolo, alleati in un mondo che ha bisogno di pragmatismo e di una direzione chiara e univoca. I dati sono oggi l’energia rinnovabile del nostro Paese che come tale deve essere distribuita al meglio in rete con tutti gli strumenti che la Transizione Digitale mette a disposizione per raccoglierli, ordinarli, gestirli secondo la normativa, e poi condividerli per generare valore, risparmiando tempo e denaro pubblico. L’esperienza ci dice che un’architettura di Res Publica in cui i Big Data, il nostro vero patrimonio materiale e immateriale, sono aperti e “si parlano” contribuisce a trasformare il desiderio di semplificazione in una rivoluzione che immette nelle turbine delle imprese energia sempre più sostenibile. La storia ci insegna che da grandi crisi nascono grandi opportunità e idee rivoluzionarie: dopo la peste nera del ‘300 arrivano il Rinascimento, l’invenzione della stampa moderna e le mappe (molto prima di Google!), dal Secondo Dopoguerra sbocciano idee geniali come Nutella, Lambretta e Olivetti, mentre dalla profonda recessione economica del 2008 nascono aziende dirompenti della sharing economy come Airbnb e Uber. Il vizio di chi si occupa innovazione è interrogare i complicati algoritmi, costringendoli a confessare la loro vocazione a semplificare la burocrazia e a rendere trasparente il rapporto tra PA e mercato, costruendo in modo concreto quella “casa di vetro” in cui Cittadini, Imprese ed Istituzioni abitino insieme, semplicemente. Connettere gli oggetti in rete oggi è facile, ma la vera sfida oggi è connettere le persone. Siamo sicuri che Leonardo lo avrebbe fatto, per amore dei 60 milioni di nipoti che ha oggi in Italia, ma soprattutto per consolidare quel capitale culturale, manifesto dell’immaginazione dei nostri antenati. Tocca a noi ora trasformare il valore dell’immenso patrimonio dei dati in uno scopo.
di Riccardo Alemanno e Enrico Molinari