Le riflessioni fiscali di un D.G. 2' puntata
Roma
30-07-2018
Decreto Dignità e fisco
Alle leggi bulimiche siamo ahimè avvezzi, avendo digerito nei decenni una quantità di Leggi Finanziarie (poi dette di Stabilità e poi di Bilancio) e di decreti di mezza estate (non ispirati a Shakespeare), che ci hanno costretti a districarci tra mille articoli ogni volta, oppure, somma invenzione del legislatore italico, interpretando un solo articolo con mille commi. E’ stato come vivere ed operare su un tapis roulant, immaginatevi l’emozione.
Anche il Decreto Dignità approvato lunedì 2 luglio lo catalogherei tra queste leggi esagerate, poiché vi ritroviamo l’esposizione, tutti insieme, di molti problemi di ambiti differenti. Restando al nostro orticello e ribaltando il celebre motto anglosassone (what in my backyard?), rileviamo che la stilografica del legislatore, qui giunta, ha finito l’inchiostro.
Il Redditometro, peraltro sempre meno utilizzato come strumento di accertamento, sarà sottoposto ad una revisione (art. 10 del Decreto)
Lo Spesometro (art. 11) viene anch’esso riproposto con una mini proroga un po’ ingarbugliata che poco cambia rispetto a quanto già aveva deciso il precedente governo, in attesa che la fatturazione elettronica lo consegni alla storia (piccola) delle nostre ossessioni burocratiche. Qui però va detto che se si vuole porre un freno ai veri atti di delinquenza dell’universo tributario (le fatture false), o gli antichi elenchi clienti e fornitori, o lo spesometro, o la fattura elettronica, qualche marchingegno dovrà essere schierato sulla linea di fuoco, ed azionato possibilmente ad alzo zero, l’importante è che abbia un meccanismo di sparo elementare.
Lo Split payment infine (art. 12). Al suo apparire, anni fa, nonostante si riferisse ad un emettitore di fattura italiano che la indirizzava ad un ente italiano, lo Stato italiano che lo imponeva, in forza del noto complesso d’inferiorità verso la lingua inglese, lo battezzò con una formulazione anglofona, ed io lo scambiai per un gelato preconfezionato. Ora viene un poco ridimensionato e nulla più: noi professionisti, in virtù della ritenuta d’acconto o d’imposta che già subiamo, ne saremo fuori, evviva.
Su tutti questi temi avevamo auspicato (si vedano i puntuali interventi del presidente Riccardo Alemanno sia sui Social sia nelle sedi opportune) che la discussione parlamentare accogliesse almeno parzialmente le istanze nostre e di tutti gli addetti al mondo dei tributi. Purtroppo, scorrendo l’Atto 924 della Camera che andrà in discussione e in votazione in Assemblea il 30 luglio, rileviamo che gli emendamenti proposti in Commissione in sede referente (una cinquantina complessivamente per i tre articoli 10 – 11 – 12) di cui gran parte non ammessi, solo in minima quantità fanno rotta verso la necessaria ed auspicata semplificazione. E non diremo di uno in particolare che, alzando nuove cortine fumogene, punta in realtà a limitare la portata innovativa della legge 4/2013.
E dei famigerati Studi di Settore che dovevano, a mente del contratto di governo esser cancellati? Neanche l’ombra, dimostrando nei fatti di aver più vite dei gatti, poiché ancora una volta, dribblando le promesse di abolizione, escono intonsi e belli vispi anche da questo decreto. Già l’anno scorso, col D.L. 50/2017 art. 9-bis, con una sorta di restyling erano stati ribattezzati I.S.A. (Indici sintetici di affidabilità fiscale). E, con questo lifting, la Legge di Bilancio (la n. 205/2017, art. 1, c. 931) ne ha prorogato l’avvento all’esercizio 2018, lasciando che dei conti 2017 si occupassero ancora gli esausti Studi di settore, che ormai non ne possono più, ed ancor meno ne possono gli addetti ai lavori che ne hanno subìto per anni l’invadenza.
La selva inestricabile delle leggi fiscali sedimentate nei decenni, proprio perché esse sono essenziali per la vita dello Stato, non può essere sfoltita col lanciafiamme, però va affrontata con piglio deciso e idee chiare, e da subito. Approvato questo Decreto che non sposterà molto dell’esistente, attendiamo le convocazioni per dare il nostro apporto, qualcosa ne sappiamo sull’argomento.
Dott. Roberto Vaggi
Direttore Generale I.N.T.